Il momento in cui si diventa cinici
Nelle tante fasi del lavoro su di sè arriva anche quella in cui si diventa cinici. Guardi dentro di te e ti ritrovi coinvolto da fitte reti di meccanismi automatici, ombre invincibili, paure e bisogni. Ma guardi soprattutto agli altri e vedi un’Umanità imprigionata nelle sue abitudini, giochi di ruolo, dipendenze: nessuna speranza. E qui molti si fermano, temono di aver sbagliato strada: volevano il cuore di un Cristo, si sono ritrovati il proprio arido come un deserto.
Nel mondo antico si conosceva l’importanza di questa fase, c’era addirittura una scuola dedicata ai Cinici. Il cinico (tradotto ‘come il cane’ in greco) era colui che viveva la propria vita in maniera assolutamente autonoma, sfrondando i propri bisogni fino a tornare ad una spontanea naturalezza, sempre in linea con la propria visione, di sguardo aperto ad accogliere il mondo.
Si racconta che Alessandro Magno, sensibile alla filosofia, giunto a Corinto volesse incontrare il cinico Diogene per onorarlo. Lo trovò che stava prendendo il Sole, e gli si parò davanti dicendo: “Chiedimi tutto quello che vuoi.” Diogene alzò lo sguardo e gli rispose: “Questo ti chiedo: spostati, che mi levi il Sole”.
Allora non arrenderti proprio qui: nell’arida sabbia nulla cresce. Vai avanti, chiedi a ciò che ti importava prima di spostarsi, rimani con gli occhi al Sole: è a questo che serve la ‘fase del cinico’, a ripulire i residui delle credenze personali, a giocare il tutto per tutto pur di trovare il senso di tutto questo.
E quando lo Spirito si sarà ripulito e rilassato allora sentirai una chiarissima distensione. Il Cuore comincerà a riaprirsi e lo scoprirai diverso: un altro Cuore, di un nuovo Te.
E davanti a questa Umanità disperata ti farai una grande risata, sapendo bene che anche tu non avevi visto speranza finchè non sei diventato Speranza.
Un abbraccio amorevole